RECENSIONI IN BREVE

 

AORARCHIVIA

FOREPLAY "First Licks"

Non c’è poi molto da dire riguardo questi Foreplay. Campionavano senza molta fantasia Quiet Riot, Crüe, Dokken, Keel, Bryan Adams aggiungendo qualche infiocchettatura melodica prevalentemente di marca Journey. Riff elementari, cori orchestrati col minimo sforzo e registrati non proprio impeccabilmente, un suono che vorrebbe essere cromato ma spesso e volentieri è solo rumoroso, interventi di tastiere molto saltuari e piuttosto insignificanti, una produzione dal sapore artigianale che tradisce infallibilmente l’appartenenza della band alla scena indipendente. Insomma, ‘First Licks’ è un prodotto trascurabile, e più di tanti meritevole di oblio.

INDICE

Big Time - 1985

 

AORARCHIVIA

BRAD DARRID "Brad Darrid"

Il tempo si era fermato al 1990 o giù di lì per Brad Darrid, che pubblicò questo primo (e unico?) album nel ’97, troppo tardi perché il suo rock robusto, potente e mai troppo brusco, levigato per scivolare fluido sulle onde delle radio FM (radio che però, nel 1997, trasmettevano ben altra roba, almeno negli USA) ma niente affatto patinato, potesse riscuotere il minimo successo con la sua ben calibrata miscela di Bryan Adams, John Waite, Mitch Malloy et similia. Prodotto da Paul Laine, ‘Brad Darrid’ offriva un songwriting di buon livello seppure non strabiliante. Un titolo minore, insomma, ma chi ama quel certo genere di rock yankee praticato dagli artisti di cui sopra, dovrebbe concedergli almeno un ascolto.

INDICE

Escape - 1997

 

AORARCHIVIA

THIRD EDGE "T.I.M.E."

Naturalmente, avrei dovuto scrivere di questo secondo album dei Third Edge quando è uscito, molti mesi fa, ma sapete com’è… Pensavo che c’avrebbe pensato qualcun altro, che qualcuno si sarebbe accorto della pura magnificenza di ‘T.I.M.E.’ e gli avrebbe reso quanto meritava. Ma dopo quasi un anno, non ci sono recensioni, in nessuna lingua e ‘T.I.M.E.’ rischia di scomparire nel limbo e non deve, perché è un album formidabile, uno dei più belli che l’hard melodico made in USA ci ha regalato nel 2016, completamente fuori dall’ortodossia scandinava contemporanea. Punti di riferimento: i Rush più melodici, quelli di fine anni ’80, i Tall Stories del primo album, tutto il rock che Mike Slamer ha fatto sotto i suoi vari moniker, certi lavori solisti di Gary Hoey, con saltuarie trasfusioni di atmosfere zeppeliniane ed una canzone che non si può definire altro che uno strepitoso southern rock OGM. Consigliato a tutti, ma in particolare a chi è allergico alla monotonia melodica made in scandinavia: negli USA si fa ancora l’AOR e molti sanno farlo benissimo, come nessuno (deve ancora arrivare la band svedese o norvegese che può convincermi del contrario…) nel Nord Europa è capace.

INDICE

Third Edge Limited - 2016

 

AORARCHIVIA

DION BAYMAN "Don't Look Down"

Altro bell’album uscito nel 2016 di cui praticamente nessuno si è accorto è questo ‘Don’t Look Down’ di Dion Bayman, stavolta made in Australia. Un lavoro di ottima caratura, AOR hard edged con una leggera impronta moderna ed un sound che impasta (e molto bene) le trame melodiche di Unruly Child e Harlan Cage. La resa fonica è ottima, la produzione accurata: se Bayman si fosse affidato a qualche label per la distribuzione e la promozione invece di fare tutto da solo, forse ‘Don’t Look Down’ avrebbe avuto tutta la rinomanza che merita.

INDICE

AUTOPRODUZIONE - 2016

 

AORARCHIVIA

VIANA "Viana"

Debutto solista per il chitarrista italiano Stefano Viana, un progetto (pare) lungamente covato che ha trovato infine realizzazione pratica nel 2016 grazie alla produzione di Alessandro Del Vecchio (qui anche cantante, nonché coautore con Viana di tutte le canzoni) ed alla partecipazione del suo team di musicisti di fiducia. Dieci schegge di hard melodico molto elettrico (fa eccezione solo la ballad “That Place With You”) e molto classico, a cui Del Vecchio ha dato spesso una vigorosa impronta arena rock. Un esordio ben riuscito.

INDICE

Street Symphonies Records - 2017

 

AORARCHIVIA

JESSIE GALANTE "Show Must Go On"

Jessie Galante ha inciso poco ma ha sempre avuto un'intensa attività live e nel nostro genere viene ricordata per essere stata la cantante di quei Fire che furono una delle migliori band rimaste senza contratto nella California AOR dei bei tempi andati. Questo nuovo album è stato inciso con una pattuglia stellare di musicisti (solo per fare due nomi: Marc Ribler e Rob Bailey alle chitarre) ed è un lavoro dal sound multiforme, cangiante, che Jessie cavalca sempre autorevolmente con la sua notevole voce alla Tina Turner (in una versione più acuta e pulita), passando con straordinaria nonchalance dal funk molto acido di “Diamond in The Sky” alle sonorità moderne di “Dreamer”  e “Remains Of The Day”, dallo slow blues con belle fiammate elettriche “More Like Love Divine” all’AOR hard edged di “Drown”, dall’hard rock rauco e anni ’70 di “Mamma Said” ad una divina ballad intitolata “Nights In White Satin”, che sboccia fatata e suggestiva e sale in gloria verso orizzonti pomp e orchestrali.

INDICE

Tarzan Music - 2017

 

AORARCHIVIA

BIG ATLANTIC "Tempered"

La quadratura del cerchio tra rock classico e moderno? Di certo, questo ‘Tempered’ è un buon inizio. I Big Atlantic passano con indifferenza dal passato al presente, così che in una canzone sembrano una versione asciutta dei The Answer (in genere, quelli più zeppeliniani) nella successiva sparano combinazioni ritmico/melodiche tipiche degli Shinedown o dei Nickelback. Opportunismo, cerchiobottismo o sincero desiderio di mettere d’accordo due mondi piuttosto restii a rivolgersi la parola? Comunque, un album interessante e, in un certo senso, anche coraggioso.

INDICE

Autoproduzione - 2017

 

AORARCHIVIA

RICHARD GRIECO "Waiting For The Sky to Fall"

Album di AOR molto patinato questo ‘Waiting for the sky to fall’, unica esperienza musicale dell’attore e modello Richard Grieco. Songwriting di altissimo livello (tra gli autori c’è pure Mark Spiro) e produzione raffinata con il plus del contributo alla chitarra di un luminare come Tim Pierce. C’è un sovrappiù di ballad (tutte eccellenti, però) e alcune belle fiammate di energia (“Please Let It Rain”, “Voice With No Name”, “Borrowed Time”, “Anything For You”, “Crying In The Street”) in cui la voce del Nostro non si esalta del tutto: pur avendo un bel timbro accattivante (come un Jon Bon Jovi più rauco e profondo) difetta un po’ in potenza e volume. Comunque, un album pregevole.

INDICE

edel - 1995

 

AORARCHIVIA

LINDSY SAYS "Heaven's Vanity"

Moderno, ma non del tutto. Fra i soliti punti di riferimento per quanto riguarda l’attualità (Nickelback, Shinedown), vengono inserite più tradizionali alchimie del rock melodico (Bon Jovi, certo metal californiano tra – diciamo – i Crüe ed i Love/Hate). Il songwriting è brillante e la voglia della band di non passare per semplici cloni di entità in voga risulta evidente. Potrebbero avere un grande futuro, anche se la scelta dell’autoproduzione limita per ora le ambizioni di una band sicuramente da tenere d’occhio.

INDICE

Autoproduzione - 2017

 

AORARCHIVIA

WARRANT "Louder - Harder - Faster"

Un mezzo passo indietro, ‘Louder Harder Faster’? Sì, se lo paragoniamo a ‘Rockaholic’. Questo nuovo album è un ottimo lavoro di hard rock americano sul versante dello street anni ’80, con richiami più forti rispetto al passato a quanto fatto dai Lynch Mob e la solita, piacevole vena party rock. Se dovessi dargli un voto, come facciamo a Classic Rock, si prenderebbe un bel 7. Ma ‘Rockaholic’ – di cui potete leggere la recensione seguendo il link – si sarebbe meritato un 9. Cos’è successo? Semplice: per questo nuovo album, dietro il banco del mixer si è seduto Jeff Pilson, mentre ‘Rockaholic’ l’aveva diretto quel genio della produzione che risponde al nome di Keith Olsen. Ed i Warranti, ieri e oggi, hanno sempre avuto bisogno di grandi produttori (Beau Hill fu il loro regista sui primi due album) per eccellere e salire quel gradino che separa un buon disco da un grande disco.

INDICE

Frontiers - 2017

 

AORARCHIVIA

UNDER FIRE "Flame"

Non soverchiamente originale il materiale che gli Under Fire presentavano su questo loro primo ed unico (da quel che so) album, ma sempre godibile. Si saltabecca piacevolmente fra Bon Jovi e Stryper, Autograph e Baton Rouge, Alias e Zebra, White Sister e Haywire, con una produzione articolata che gestisce molto bene le atmosfere mutevoli fra una canzone e l’altra, begli impasti vocali e gran spiegamento di keys quando serve. Uscito nel tremendo 1991 negli USA e qualche anno dopo in Europa, ‘Flame’ purtroppo era un gran bel disco nato morto. Sicuramente da recuperare.

INDICE

Skyline Records - 1991

 

AORARCHIVIA

NEWMACHINE "Karma"

Notevole, questo esordio dei Newmachine, band americana con una line up che comprende un paio di reduci da formazioni più o meno note come Bulletboys e The Regulators, dedita ad uno street rock metallico totalmente anni ’80 che ha come punto di riferimento i Lynch Mob e – in misura decisamente minore – L.A. Guns (era ‘Cocked And Loaded’) ed i Babylon A.D. di ‘Nothing Sacred’. La qualità delle canzoni è veramente alta, la produzione (del veterano Howard Lindeman) risulta precisa e ficcante: in definitiva, ‘Karma’ è una delle migliori esercitazioni sul tema dello street che abbia sentito da anni a questa parte: se le band sopracitate sono fra le vostre preferite, i Newmachine hanno sicuramente molto da offrirvi.

INDICE

HighVolMusic - 2017

 

AORARCHIVIA

THE BLITZ "Get It On"

Mega rarità disponibile solo su LP fino a quando non venne ripubblicato dalla Retrospect nel 2006, questo unico album dei The Blitz era un' efficace anche se non indispensabile trattato di arena rock elementare e diretto, con la band di Tim Pilz (cantante dalla tipica vocetta acuta, penetrante ma non fastidiosa) ad inseguire principalmente i campioni assoluti del metal da spiaggia, gli Autograph, corretti a volte con una punta di Crüe d’annata per un risultato generale che richiama quanto di lì a due anni faranno i molto più fortunati Slaughter. Tastiere presenti quanto basta in fase di rifinitura, riverbero a camionate come era d’uso all’epoca, produzione e resa fonica accettabili. Il meglio, nella title track e in “Take Me to the Top” e “I Need Love”, piacevolmente anthemiche, ma tutti questi trentacinque minuti scarsi di musica riusciranno graditi ai fan del metal ultramelodico made in California.

INDICE

SSP Records - 1988

 

AORARCHIVIA

LOVE 'N REVENGE "Karma"

I Love ‘N Revenge di Damon Kelly (già singer e leader dei Rockarma) arrivano al secondo album con questo ‘Karma’ (il riferimento  alla band di cui sopra è ovviamente tutt’altro che casuale), proseguendo lungo la strada di un metal californiano nient’affatto brusco e ad altissimo grado di inquinamento melodico. Ratt, Crüe, Autograph, Quiet Riot, Slaughter, Kix, Def Leppard vengono shakerati piacevolmente lungo le dodici canzoni che compongono l’album per un risultato finale senza dubbio gradevole per chi ama l’hard melodico nato a L.A. nei Big 80s. L’unico vero punto debole di ‘Karma’ sta nella voce imbalsamata del cantante: il genere richiede ugole viziose, raspose, o comunque dotate di una certa personalità, e il canto stile carillon di Kelly rischia costantemente di disinnescare canzoni che vivono comunque di luce riflessa.

INDICE

Kivel - 2017

 

AORARCHIVIA

JULIET "Juliet"

Band internazionale, questa raccolta sotto il nome di battesimo della cantante. Lei dovrebbe essere belga, il chitarrista e produttore Steven Keusch tedesco come il resto della band (anche se nutro dubbi riguardo la lead guitar Pete Sorrentino). Comunque, ‘Juliet’ era un album discreto con più di un highlight: il riffing nervoso e pulsante di “Love Is War”, le atmosfere molto Van Halen (sia pur in versione Bulletboys) di “Soul Shaker”, le sfumature western alla Bon Jovi di “Habitual Things”. Il problema era la voce di Juliet: pur essendo abbastanza potente e dotata di una certa tecnica, possedeva una timbrica che (a me, almeno) risulta non del tutto accattivante. Comunque, un prodotto per nulla disprezzabile.

INDICE

Shark Records - 1993

 

AORARCHIVIA

HEADMASTER "The Kids Said Rock"

Di nuovo disponibile grazie ad Amazon per il download, questo unico album degli Headmaster (creatura dell’ex Bronz Chris Goulstone) è stato una costosa (i CD vanno via a cifre sui 100 euro) rarità per molto tempo. Uscito nel 1992, ‘The Kids Said Rock’ era fatto di un hard rock melodico sofisticato, ma coniugato in una forma per nulla “appariscente”, con un songwriting che spesso cerca di scansare l’ovvio ma senza uscire dal seminato. Le coordinate sonore di queste canzoni generalmente brevi (a volte sotto i canonici tre minuti) sono quanto mai varie, si passa dai Journey in versione funky di “Fade Away” al clima alla Joan Jett di “One More Try”, dall’FM rock stile John Waite di “Rock ‘N’ Roll Cat” alle atmosfere Bad Company di “Gypsy”. Non tutto è oro (le mie orecchie dicono che il refrain di “One More Try” è inspiegabilmente stonato, la title track è lineare e diretta in maniera tediosa) ma c’è molto di buono e un plus fondamentale è dato dalla voce bellissima di Tania Lloyd: aggressiva, espressiva, sexy, un sospetto roca: una voce, insomma, intensamente rock che è stata purtroppo inghiottita nel nulla assieme agli Headmaster.

INDICE

Jaguar - 1992

 

AORARCHIVIA

THEATRE "Sexy Lady + City Lights + 3 More"

Niente di speciale, questi Theatre: un po’ Autograph, un po’ Journey, un po’ Crüe… Bravo il cantante, passabile il chitarrista solista, variabile la resa fonica. Il CD pubblicato dalla FNA nel 2013 comprende l’opera omnia (il primo album del 1990, le canzoni pubblicate su un demo uscito solo su cassetta l’anno precedente e altri tre pezzi di sconosciuta collocazione temporale) di una band certo non indispensabile, ma che riuscirà senza dubbio gradevole a chi ama il classico suono metal melodico californiano.

INDICE

FNA Records - 2013

 

AORARCHIVIA

PSEUDO ECHO "Race"

L’unica cosa che si poteva rimproverare a questo disco degli australiani Pseudo Echo era una certa convenzionalità che rinchiudeva il loro AOR in un territorio ben delimitato da quattro monikers: Journey, Honeymoon Suite, Glass Tiger, John Parr (quest’ultimo occhieggia soprattutto nella ballad ‘Searching For Glory’) Per il resto, nulla da dire: produzione impeccabile (di Julian Mendelsohn, condivisa con il cantante e chitarrista Brian Canham, ma una canzone è prodotta da Brian Malouf), songwriting efficace, arrangiamenti sapientemente movimentati.

INDICE

BMG - 1988

 

AORARCHIVIA

VXN "VXN"

Ottimo album indipendente (ristampato in CD nel 1999) per questa band canadese guidata dalla interessante voce di Sherrie Marginean (timbro accattivante, acuto e un po’ nasale, all’epoca giovanissima e poi apprezzata vocal coach in patria) che si produceva in un AOR piuttosto aggressivo ma per nulla ispido, con le tastiere a bilanciare sapientemente le chitarre e belle melodie vocali di stampo pop su un songwriting di buon livello, un melange di Journey, Headpins, Coney Hatch e Scandal. In definitiva, un buonissimo lavoro che porta con sé tutto il sapore dell’AOR metà anni ’80.

INDICE

Osmosis - 1985

 

AORARCHIVIA

AIRBOUND "Airbound"

Debutto per gli italiani Airbound, band che confeziona con questo suo primo album omonimo un prodotto in grado di competere ai livelli più alti nel mercato del melodic rock, composto da dieci canzoni che spaziano nel genere dal classico (in prevalenza di matrice Bon Jovi, ma anche Journey e Survivor) al moderno scandinavo, anche se il top sta per me in quel metal californiano OGM intitolato “Runaway” che si pone al crocevia fra i Ratt e quanto Ozzy fece al tempo di ‘The Ultimate Sin’. Eccellente la produzione, ottima la resa fonica, aggiungiamo qualche ospite prestigioso (Sven Larsson, il bravissimo Mario Percudani) e abbiamo un album davvero di notevole fattura, con l’unico neo della pronuncia inglese a tratti un po’ sforzata del comunque ottimo cantante Tomás Borgogna: handicap molto relativo considerato che il pubblico del rock melodico è ormai quasi tutto concentrato nell’Europa continentale.

INDICE

Art Of Melody Music - 2017

 

AORARCHIVIA

MARTINA EDOFF "We Will Align"

Nei primi due album di Martina Edoff ho apprezzato la qualità della voce ed i riusciti tentativi del suo team di musicisti di sfuggire alla consolidata monotonia melodica scandinava. In questo terzo ‘We Will Align’, purtroppo, la voce sempre bella e potente di Martina si perde spesso proprio lungo quei sentieri che prima riusciva ad evitare brillantemente. Sarà perché è cambiata in parte la sua backing band, ma adesso il songwriting appare largamente prevedibile e troppe volte si ricade nel già sentito (sia pure impeccabilmente cantato e suonato), come nella title track, con le sue trame pompose e metalliche che sembrano riprese pari pari da un qualunque album recente degli House of Lords. “Champions” e “I’m Invincible” lasciano sperare bene, con le strofe ritmate da riff che fanno tanto ultimi Whitesnake, ma si afflosciano su refrain banali e triti. Molto meglio va nella altrettanto ben ritmata “Truth Came Knocking”, nella power ballad dalla linea melodica presa in prestito alla “Ten Years Gone” zeppeliniana intitolata “Face the Mirror”, mentre la movimentata (anche nelle vocals) “Set You Free” offre garbatamente atmosfere più moderne e costituisce il modesto top di un album che non rappresenta la consacrazione di una cantante su cui il sottoscritto decisamente puntava ma invece un brusco stop alle ambizioni di un’interprete che si era dimostrata capace di distinguersi nel troppo uniforme panorama della vocalità femminile made in Scandinavia e qui suona invece come un clone o quasi di tante sue algide colleghe di passaporto Nordeuropeo.

INDICE

AOR Heaven - 2017

 

AORARCHIVIA

GENEVA "Last of the Rebels"

Questi Geneva – autori (pare) di questo unico album nel 1992 – avevano un sound che si potrebbe descrivere come una versione cromata e AOR di quello della Allman Brothers Band, o forse un’estensione in senso melodic rock del Gregg Allmann di ‘I’m no Angel’ e ‘Just Before the Bullets Fly’. L’elettricità viene dosata con una certa parsimonia, le timbriche degli strumenti sono brillanti, la resa fonica eccellente, il cantante ha una voce molto profonda che in qualche frangente lo mette un po’ in difficoltà. C’è un surplus di ballad, ma tutte di buona fattura, il blues elettrico “Best Friend Blues” è scontato ma viene arricchito con begli assoli di organo Hammond mentre in chiusura ascoltiamo una cover dignitosa della “You Are so Beautiful” portata al successo da Joe Cocker.

INDICE

Backstage Records - 1992

 

AORARCHIVIA

MINDFEELS "XXenty"

Di notevole caratura questo esordio dei Mindfeels, band italiana che i comunicati della label definiscono “westcoast” ma in realtà pratica con notevole perizia l’AOR più sofisticato nello stile fine anni ’80 / primi anni ’90. C’è molta atmosfera in queste undici canzoni che percorrono gli stessi sentieri battuti da Toto, Michael Thompson Band, i World Trade del primo album, i Saga, con saltuari echi r&b ed un funky hi tech di gran classe. Il top (per me) sta in “Speed”, sinuosa, potente e rarefatta nella stessa misura, spettacolare in suo modo cerebrale e raffinato, debitrice sia del Tommy Shaw di ‘Ambition’ che dei mai abbastanza lodati Warp Drive. Consigliatissimi!

INDICE

Art Of Melody Music - 2017

 

AORARCHIVIA

TARGET "In Range"

Spunta a sorpresa un terzo album dei Target, la prima band di Jimi Jamison buonanima. Registrato nell’autunno del 1979, ‘In Range’ è oltretutto un ottimo album, il migliore prodotto da questo monicker poco rinomato. Nel loro rock robusto e melodico permaneva una forte componente southern alla Skynyrd / Outlaws che andava a sposarsi ad un songwriting tipico del periodo, con forti reminiscenze di Led Zeppelin, Rainbow e Bad Company e qualche spunto originale, come nel masterpiece “Love Magician” che parte come un funk nero e pesante evolvendo in una tranche d’atmosfera davvero ispirata. Belle le canzoni, grandissime le vocals di Jimi: insomma, una piccola, lucente gemma riemersa da quell’oceano apparentemente senza fondo costituito dagli album unreleased.

INDICE

Escape - 2017

 

AORARCHIVIA

ENRICO SARZI "Drive Through"

Enrico Sarzi fa il suo debutto solista dopo le positive esperienze con Midnite Sun e Moonstone Project, proponendo un album che pare ispirato soprattutto dall’universo sonoro dei Bon Jovi (da ‘Keep The Faith’ in giù) con il plus di una produzione moderna e variegata. Piacciono soprattutto “Nothing To Live For” e “S.O.S. To God”, che hanno strofe arcane ed insinuanti e refrain freschi e di grande estensione melodica, l’assolo di sax nel contesto elettroacustico di “Strange Freedom”, le sfumature western di “Inferno”. Forse il tono generale delle canzoni è una punta troppo mesto, ma ‘Drive Through’ è un buonissimo album che conferma la validità della scuola italiana in ambito rock melodico.

INDICE

Street Symphonies - 2017

 

AORARCHIVIA

AERODYNE "Breaking Free"

Prodotto per irriducibili nostalgici della metallurgia pesante americana degli anni ’80 questo esordio degli svedesi Aerodyne, che ci sparano un metal mai troppo power e più spesso declinato alla maniera californiana di Ratt, Crüe e Keel, ma senza il cantato pop/glam e con un voltaggio sempre alto che autorizza paragoni anche con quanto in quegli anni suonavano Malice e Leatherwolf. Le parti di chitarra sono vivaci e accattivanti, il cantante non ha polmoni d’acciaio ma fa il suo compito senza sfigurare, la produzione è tagliente come il genere richiede. Se siete in vena di un tuffo nel metal yankee dei Big 80s (sia pure inciso in Svezia), catapultatevi senza indugio su ‘Breaking Free’.

INDICE

Street Symphonies - 2017

 

AORARCHIVIA

MARTEE LEBOW "Love’s A Liar"

Non è mai uscito in CD, questo unico album di Martee Lebow, ma dal 20 febbraio 2018 saranno in vendita gli .mp3 su Amazon Music: dobbiamo considerarla una ristampa? Comunque, rende dopo trenta e passa anni di nuovo disponibile ‘Love’s A Liar’ , un lavoro di pop rock e AOR che più Big 80s non si può: ritmiche vivaci, begli intrecci vocali, frequenti interventi di sax, tastiere sempre molto presenti e spesso programmate col sequencer. Come sound, siamo generalmente di fronte ad un efficace incrocio tra Billy Squier ed i Toto, ma in un paio di frangenti gli elementi del cocktail diventano Bryan Adams e John Parr, anche se ‘I Must Be In Love’ ricorda decisamente i Cock Robin e se togliamo le chitarre elettriche a ‘One Good Reason’ ci resta una canzone che sarebbe andata benissimo per la colonna sonora di ‘Grease’. Prodotto ottimamente da John Jansen, con il bravo Bobby Messano alle chitarre e la bella voce rock di Martee, ‘Love’s A Liar’ era insomma un prodotto easly listening, ma curato e fatto con gran classe.

INDICE

Atlantic - 1987

 

AORARCHIVIA

ROMEO RIOT "Sing It Loud"

È stata presentata come la all star band della Kivel Records, formata com’è da membri di Bombay Black e Tango Down, e in effetti l’esordio di questi Romeo Riot ha momenti molto interessanti: è un lavoro ben bilanciato tra passato e presente del rock melodico, passando dal sound svedese moderno alla H.E.A.T / W.E.T. (“Room To Run”, “Streets Of Babylon”, lo spettacolare arena rock di “Same”) a più tradizionali alchimie anni ’80 (l’impasto fra Bad English e Bon Jovi della power ballad “What If We Were Wrong”, la molto Whitesnake “Twist Of Fate”, i chiaroscuri alla Bon Jovi contemporanei di “Sing it Out” e “Cry”, il metal da spiaggia un po’ Alias “I Want To Try”). Se il riffing suona sempre abbastanza scontato ci sono in compenso ottimi spunti di tastiere ed una produzione accurata e bombastic: non un capolavoro, ma senza dubbio un ottimo album.

INDICE

Kivel Records - 2017

 

AORARCHIVIA

ICE TIGER "Love 'N Crime"

Ripubblicato nel 2004 l’unico parto di questa band australiana arrivata fuori tempo massimo (era il 1993), con il suo hard rock eclettico e in più di un frangente superiore alla media. L’inizio non era però dei migliori: “Don’t Say” diceva poco col suo riffone alla AC/DC, “Turn To Fantasy” era una cavalcata metallica epicheggiante ma con ritornello class, “All I Need Is A Friend” una power ballad dai toni gravi. Il livello saliva decisamente con “Lonely Heart”, hard bluesy, uno slow bollente dal bell’arrangiamento variegato, mentre “Castaway” suonava roboante alla Queen e notevole risultava anche “Lovin’ Crime”, ispirata alle stesure più swinganti dei Van Halen, con una bella chitarra r&b che accelera il ritmo a metà canzone. “Paradise” si situava al crocevia di Journey e Loverboy, “Running For Cover” era un class metal d’atmosfera (un po’ alla Whitesnake di “Is This Love”), “Little Runaway” parlava la lingua di John Waite e chiudeva “Never Let Me Go”, arena rock dalla bella freschezza melodica canuck. Ristamparlo non è stato uno sproposito.

INDICE

I.T. - 1993

 

AORARCHIVIA

BABY TUCKOO "Force Majeure"

Cosa possiamo dire di questa band britannica, con una discografia di appena due album? Tanto per cominciare, che svariavano molto nel sound: l’iniziale “Rock Rock” è un anthem metallico con momenti d’atmosfera, discreto ma troppo lungo e pasticciato, c’hanno semplicemente ficcato dentro troppa roba finendo per strafare, “Shoot On Sight” fa pensare invece agli Uriah Heep, virati in tonalità heavy metal. “Over You” guarda ai Triumph primi anni ‘80, allo stesso modo di  “Long Way Down” e “The Lights Go Down” (questa con qualcosa dei Van Halen più pop). Se “I’m Yor Man” è scatenata e divertente, “Promises” aggiunge alla solita matrice sfumature bluesy che fanno pensare addirittura ai Doobie Brothers, ma anche questa risulta troppo lunga e finisce per risultare noiosa. La produzione è di buon livello, caratterizzata da un uso tutt’altro che parco delle tastiere e da fitti impasti vocali. Insomma, una di quelle band senza infamia e senza lode, i Baby Tackoo, buoni artigiani che non sono mai diventati maestri.

INDICE

Music For Nations - 1986

 

AORARCHIVIA

FIRE TIGER "Suddenly Heavenly"

Un vero e proprio gioiellino questo secondo album dei Fire Tiger (arrivato a ben cinque anni dall’esordio), pura ambrosia sonora per chi ama il pop rock e la soft side dell’AOR anni ’80. Produzione superba, arrangiamenti fantasiosi che condensano i teoremi sonori della band in canzoni brevi dominate dalle timbriche di tastiere e dagli effetti di trent’anni fa. Il meglio, nei deliziosi impasti vocali pop di “Ice Age” e della title track, nell’andamento danzereccio, quasi come degli Headpins moderni su ritmi EDM, di “Guarantee”, nel techno AOR dal ritmo robotico ed il refrain solare intitolato “Easy Road”. La voce della cantante Tiff Alkouri è un ulteriore plus: nasale e di gola allo stesso tempo, più bassa che acuta, gradevole e sexy in un suo modo tutto particolare.

INDICE

Fire Tiger Music - 2018

 

AORARCHIVIA

EDDIE & THE TIDE "Stand Tall"

Ristampato dalla Target nel 2003 assieme all'immediatamente precedente 'Dig Down Deep' in un unico CD, l'ultimo album di Eddie e le sua marea (ma che accidenti di monikers vanno a inventarsi, certe volte...) era un buon album di FM rock, svariando fra i più tradizionali punti di riferimento del genere: Eddie Money, Bryan Adams, John Waite, John Parr, il Bon Jovi più Springsteen oriented. Il songwriting oscilla fra il buono e lo scontato, ma anche le canzoni meno originali si fanno ascoltare grazie agli arrangiamenti ed alla produzione, entrambi molto curati. Insomma, un prodotto di medio livello: certo non indispensabile ma per nulla sgradevole o inutile.

INDICE

Spin Records - 1989

 

AORARCHIVIA

WILD ROSE "Half Past Midnight"

Per chi se lo fosse perso nel 2011, arriva oggi la ristampa dell’esordio davvero pregevole di questa stupefacente band greca. “Stupefacente” perché proprio non ti aspetteresti una così efficace clonazione del suono più cromato e lussuoso dell’hard melodico americano dei Big 80s da chi incide fuori dagli States. Tra richiami a Whitesnake (quelli più patinati di “Is This Love”), Lion, Firehouse, Bad English, i Bon Jovi di ‘Slippery…’, ‘Half Past Midnight’ procede senza intoppi, donando tre quarti d’ora di eden sonoro a tutti i nostalgici del grande rock melodico del bel tempo che fu.

INDICE

Lions Pride Music - 2018

 

AORARCHIVIA

THE RADIO SUN "Unstoppable"

Dei The Radio Sun va sottolineata sopratutto la pervicacia: è dal 2014 che fanno uscire un album all’anno che regolarmente nessuno si fila o perde tempo ad ascoltare, ma loro – fregandosene beatamente, pare – vanno avanti imperterriti, macinando canzoni come niente fosse. L’indifferenza non è poi del tutto ingiustificata, dato che di band come i The Radio Sun ce n’è in giro una quantità indecente: un po’ classic, un po’ modern, scarsissima fantasia negli arrangiamenti, chitarrismo di una banalità allucinante. Il fulcro attorno a cui gira tutto sono le melodie, sempre ben giostrate tra voce solista e cori, che risultano abbastanza accattivanti, ma è troppo poco per permettere a questi australiani di fare seriamente concorrenza a colossi come H.E.A.T o One Desire.

INDICE

Pride & Joy Music - 2017