NOTE DAL WEBMASTER

 

 

 

THE LYRICS

 

 

Deve essere successo un venticinque anni fa, più o meno.

Ero a casa di un amico e lui comincia a canticchiare: – San Pedro viscountin! San Pedro viscountin!

– Cosa? – gli chiedo.

E lui: – San Pedro Viscountin!

– Ma che cacchio stai dicendo? – insisto io.

– La canzone degli U2, non l’hai mai sentita? San Pedro viscountin!

Io, alla fine, ho riconosciuto la melodia.

– Guarda che è: “Sunday, Bloody Sunday”.

– Veramente? Non fa: San Pedro viscountin?

Io gli spiego che il testo di quel pezzo degli U2 parla della cosiddetta Bloody Sunday, quando l’esercito inglese uccise non so quanti irlandesi a Belfast durante una rivolta. Ma anche senza i miei chiarimenti circa l’argomento della canzone, uno potrebbe pure chiedersi da solo cosa avrebbero a che vedere gli irlandesi U2 con un posto che si chiama San Pedro… E chi o cosa sarebbe questo “viscountin”?

– Mi pareva che dicesse San Pedro viscountin… – scrollata di spalle. – Comunque, è la musica che conta.

 E, a voce molto più bassa, borbotta ancora per qualche momento: – San Pedro viscountin…

 È chiaro che nella sua testa, “Sunday, Bloody Sunday” sarà sempre San Pedro viscountin.

 Perché, infine, canzoni cantate in una lingua diversa dalla nostra hanno parecchi vantaggi su quelle con testi in italiano. Possiamo farci scorrere le parole straniere addosso, limitandoci ad ascoltare il loro suono. Oppure deformarle a nostro uso o piacimento, fantasticando. È una cosa perfettamente lecita, ovvio, ma… Quelle parole sono sempre una parte della canzone, magari una parte importante. Vale la pena tentare di decifrarle. Ma questo non è sempre facile. Se non hai un’ottima confidenza con l’inglese o l’americano parlato ed il cantante si mangia le parole, è una sfida, e non solo per chi non è di madrelingua. Per fortuna, tante bands accludono i testi delle canzoni ai loro album. Ma tanti altri non lo fanno.

Ai bei tempi del vinile la situazione-testi era spesso tragica. I dischi molte volte venivano stampati da noi solo con la copertina di cartone e l’LP in una anonima busta di carta bianca o trasparente. Così, tanto per fare qualche esempio, ci vennero serviti l’omonimo album degli Heart del 1985, ‘Wild Frontier’ di Gary Moore, ‘Wicked Sensation’ dei Lynch Mob. E se Ann Wilson era abbastanza comprensibile quando cantava, con Gary Moore e Oni Logan spesso e volentieri dovevi tirare a indovinare e basta. Con l’arrivo dei CD la situazione migliorò, ‘Heart’ e ‘Wicked Sensation’ avevano il loro bel booklet con i testi e tutto il resto, ma altre bands se ne strafregavano: i Bad English, per esempio, oppure i Bonham. E se John Waite ha una voce di una limpidezza senza pari, al punto che quando trovai infine sul web la trascrizione delle lyrics di tutte le canzoni dei due album non scoprii deviazioni abnormi tra quanto lui effettivamente cantava e le mie orecchie sentivano, con i Bonham, ancora oggi, sto lì a chiedermi cosa cacchio dice la buonanima di Daniel McMaster nella quasi totalità delle canzoni. Perché di trascrizioni delle lyrics dei Bonham ce n’é solo una, quella di “Change of the Season” (da ‘Mad Hatter’) ed è piena di buchi e punti interrogativi: neanche gli inglesi o gli americani riescono a tradurre i suoni emessi da Daniel McMaster in linguaggio corrente… E perché fermarsi ai Big 80s? Da più di trentacinque anni ci si chiede se su “In my Time of Dying”, Robert Plant canta my Jesus oppure my Gina… Perché i Led Zeppelin pubblicarono lyrics ufficiali solo su ‘Houses of the Holy’, tutti gli altri testi che trovate in giro sono soltanto trascrizioni. Altri cantanti che si divertono a maciullare le parole? C’è solo l’imbarazzo della scelta: Ian Atsbury (finché non trovai le trascrizioni sul web, la maggior parte dei testi di ‘Sonic Temple’ rimase per me un mistero glorioso), Toby Jepson (quel suo accento inglese e la velocità da scioglilingua con cui sputava fuori le parole ai tempi dei Little Angels lo rendevano praticamente inintelligibile), Robert Mason (senza i testi scritti è spesso incomprensibile: cosa effettivamente canti sul secondo, splendido album dei Cry Of Love lo sa solo lui), Paul Shortino (come tanti cantanti dalla voce rauca e pastosa, in genere è del tutto indecifrabile), e potremmo continuare l’elenco per chi sa quanto. Ci sono eccezioni, tipo Paul Rodgers e il già citato John Waite, Steve Perry e David Coverdale, Jack Russell e Ronnie James Dio ma, appunto, sono eccezioni. Spesso, molto spesso, se non hai il testo della canzone scritto bello chiaro davanti agli occhi, non riesci a capirlo.

Ma quanti sono quelli che si pongono il problema? E, dopo tutto, vale la pena di sbattersi tanto, sopratutto per un genere come il nostro, dove il novanta per cento delle canzoni hanno testi a base di: io ti amo e tu mi ami?, perché non mi ami?, ma quanto mi ami?, non ti amo più, perché non mi ami più?, non ci amiamo più, t’ho messo le corna, perché mi hai messo le corna?, vieni a scopare, perché non vuoi scopare?, stasera ho voglia di scopare!, facciamo festa! eccetera eccetera, comunque sempre su questo registro. E allora, non mi sento proprio di biasimare o censurare in alcun modo chi non si prende neppure il fastidio di tirare fuori il booklet dal CD e mettersi a scorrere i testi… e qui vale la pena di aprire una parentesi, per notare come la facilità di lettura non sia praticamente mai una priorità di chi decide la grafica dei libretti. I caratteri microscopici si possono pure giustificare per l’esiguità delle dimensioni del supporto, ma certe combinazioni cromatiche tra i caratteri e lo sfondo e l’uso di font particolari si spiegano soltanto con le smanie pseudo artistiche dei grafici, i quali troppo spesso dimenticano di stare lavorando alla fotocomposizione del libretto di un CD e pensano (o fantasticano) di essere i nuovi Mario Schifano o Mimmo Rotella, imponendoci terrificanti accostamenti caratteri/sfondo che provocano serie patologie oculari o mentali a chi fissa troppo a lungo le paginette sottoposte al loro estro pittorico.

Tornando alla questione testi, naturalmente ci si può chiedere quanto davvero si perda ignorando le parole. Se consideriamo che la conoscenza dell’inglese è ancora, nel nostro paese, scarsamente diffusa e in genere ristretta al più basso livello scolastico, si potrebbe concludere che la stragrande maggioranza dei fruitori semplicemente ascolta la musica ignorando (nel senso letterale del verbo) il contenuto espresso in parole, ma questo non impedisce certo ad una valanga di artisti stranieri di vendere la propria musica in Italia. Perché fermarsi all’inglese, poi? I più vecchi si ricorderanno certamente quando, alla metà degli anni ’70 e fino ai primi anni ’80, ci fu la moda della musica brasiliana, e non credo che quelli che compravano i dischi di Toquinho e Vinicius De Moraes andassero ad iscriversi a corsi di portoghese per capire i testi delle canzoni che ascoltavano. E allora, sto dibattendo una questione di lana caprina? Forse. Resta il fatto che provo una certa frustrazione quando mi imbatto in un bel disco di cui non riesco a penetrare una parte importante qual è il testo: mi dà la sensazione, sempre e comunque, di aver perduto qualcosa, e magari qualcosa di importante. Perché ci sono bands del nostro genere che scrivono non solo bella musica, ma anche bei testi. Qualche esempio? I Crimson Glory di ‘Strange and Beautiful’: l’atmosfera viziosa e decadente di quel disco non si può goderla appieno se non si capiscono i testi; il capolavoro dell’album, “In the mood”, racconta una storia, breve, incisiva e piena di sottintesi, intrecciandosi in maniera assolutamente perfetta con la musica, e se non seguite le parole che questa storia narrano, vi state perdendo metà dello spettacolo. E poi: i Lynch Mob dei primi due album (“No Good” suonerebbe un boogie come tanti altri se non fosse per quel testo maligno e crudele), i Tora Tora ed i Cinderella (sempre implacabili e spietati), i Bad Romance (Joanna Dean non era solo una straordinaria cantante, ma sapeva scrivere anche testi per nulla banali), i Bad English (sopratutto quelli di ‘Backlash’) e potrei continuare per chissà quanto. E l’inverso, si chiederà qualcuno? Quali sono le bands sui cui testi possiamo tranquillamente sorvolare? Posto che sorvolare sui testi non è corretto, in generale, mi limito ad un solo nome, quello degli Storm: musica fantastica, la loro, ma versi generalmente di una banalità senza pari.

Se tutto quanto scritto sopra suona come un invito a immergervi anche nelle parole delle vostre bands predilette (rivolto, ovviamente, a chi non ha l’abitudine di farlo), devo però declinare ogni responsabilità riguardo le possibili conseguenze catastrofiche che una approfondita conoscenza dei testi potrebbe avere sull’indice di gradimento per un dato gruppo o interprete. Potreste scoprire che le parole intrecciate alla musica che tanto vi ispirava o esaltava sono scialbe, banali o stupide. Ma anche che quelle parole sono forti o belle, e vi ispirano o esaltano allo stesso modo della musica. È un rischio che vale la pena correre. Io, almeno, la penso così.